Libro splendido, è una riflessione sulla punizione e sull’odio. Una maestra annuncia alla classe che sa che la morte della figlia è stata causata da due studenti presenti, e avverte che ne ha avvelenato il latte servito come merenda con il virus dell’AIDS. Attraverso le riflessioni della maestra e dei due colpevoli si scopre come è avvenuto il delitto e le ragioni per il quale esso è stato commesso. La trama, che può apparire superficialmente banale, in realtà è focalizzata su un unico punto, che emerge prepotentemente in tutto il romanzo: la vendetta. Non voglio spolierare troppo, però lascio alcune frasi tratte dal libro per farvi capire quali siano le tematiche principali:
“Credo che per ogni criminale, persino per quelli più spietati e crudeli, sia necessario un processo. Ed è necessario non tanto per il criminale di turno, quanto piuttosto per noi persone normali, al fine di ridurre il rischio di spingerci ad agire d’impulso e incorrere in gravi errori. Tutti noi, chi più chi meno, abbiamo il desiderio di ricevere il plauso altrui, o meglio di destare l’ammirazione del prossimo. Il problema è che non è affatto facile compiere azioni buone e lodevoli. Dunque quale potrebbe essere il metodo più semplice per attrarre l’attenzione generale?”
“In tutta sincerità, non credo che l’omicidio possa essere considerato un atto malvagio in sé. Temo che quasi tutti gli abitanti di questo paese, privi di uno spirito religioso ben radicato, pensino all’omicidio come qualcosa di assolutamente sbagliato solo perché così è stato loro insegnato. I più tendono a reputare giusto che un crimine atroce venga sempre e comunque punito con la pena di morte, senza rendersi conto che in realtà si tratta di una vera e propria contraddizione, in quanto punire una persona con la morte equivale a ucciderla. Purtroppo la stragrande maggioranza delle persone pensa che il valore della vita non sia uguale per tutti, e ovviamente reputa un criminale indegno di vivere. Del resto non si fa altro che operare continue discriminazioni in base al ceto sociale, alla fama personale e via dicendo, o sbaglio? Ma cos’è di preciso che fa acquisire alla gente un tale modo di pensare e vedere le cose?”
K. Minato, Confessione