Dal 1947 ogni anno una classe di quindicenni delle scuole superiori giapponesi viene scelta per partecipare al Programma: intrappolati su un’isola deserta, controllati tramite collari radio, i ragazzi sono costretti a uccidersi l’un l’altro o a essere uccisi. Finché non ne rimanga uno solo…e quest’anno tocca alla classe di Shuya.
Se avete letto The hunger games, allora la trama vi suonerà moooolto familiare: dei ragazzi vengono portati in un posto isolato e devono sopravvivere finché non ne rimarrà vivo uno solo. Peccato che mentre The hunger games è uscito nel 2008, questo romanzo è stato pubblicato nel 1999. Suzanne Collins, autrice di The hunger games, ha negato di conoscere il volume giapponese, ma se si leggono entrambi sono ben evidenti analogie anche marcate.
Ma torniamo a Battle Royale. Leggendolo ora, nel 2018, a 19 anni di distanza, vi posso assicurare questo: Takami ha creato un mondo distopico che riesce ad essere attuale e sconvolgente ancora adesso. Leggendolo non mi è mai passato per la testa che potesse essere vecchio di vent’anni. Pensavo fosse stato scritto nell’ultimo decennio. Se siete amanti del genere distopico, questo è un romanzo da leggere assolutamente. È originale e coinvolgente anzi travolgente, scorre velocissimo (parliamo di 600 pagine di romanzo, non di briciole…) e ad ogni capitolo vorresti poter scorrere più in fretta le pagine per arrivare al capitolo successivo, per andare oltre, per scoprire di più. Alla fine di ogni capitolo c’è una scritta con il numero di persone rimaste vive dall’inizio del “gioco”. Eccezionale.
Partiamo con ordine: una scolaresca che pensa di andare in gita scolastica si ritrova invece in una base militare dove viene informata che è stata scelta per il Programma:
Ogni anno, vengono selezionate cinquanta classi di terza media […] per svolgere il Programma a scopi di ricerca. Il Programma è molto semplice: gli studenti di ogni classe sono costretti a combattere finché non rimane un unico sopravvissuto.
Ed ecco come Shuya e i suoi compagni si ritrovano dirottati dentro ad un edificio estraneo con un membro dell’esercito che spiega loro le regole e i divieti del gioco: impossibile fuggire, sono su un’isola e le navi pattugliano le spiagge; impossibile levarsi dal collo un collare con ricetrasmittente ed esplosivo incorporati: se si cerca di toglierlo il collare automaticamente esplode uccidendo chi lo indossa; ad ogni ragazzo viene dato uno zaino con viveri e un’arma, diversa per ciascuno; ognuno ha una cartina del luogo in cui si svolge il macabro rituale, un’isola momentaneamente disabitata a forma di diamante, con strutture ed edifici sparsi. L’isola è quadrettata, e ogni quadrante ha una lettera e un numero che lo identificano. Allo scoccare di determinate ore, alcuni settori vengono resi inagibili: chiunque vi entri verrà fatto esplodere tramite il collare. E, soprattutto, se nessuno verrà ucciso ogni 24 ore, i collari esploderanno, ammazzando tutti gli studenti. Al vincitore del Programma spettano gloria e onori.
E, con queste regole basic, ma letali, ecco che i 42 studenti della terza media, classe B dell’Istituto Shiroiwa, città di Shiroiwa, provincia di Kagawa, si ritrovano catapultati in una guerra totale.
La trama è sensazionale. Forse alcuni punti e alcuni personaggi risultano stereotipati (il ragazzo buono, il bullo cattivo…) però questo non toglie al romanzo la sua incredibile freschezza e l’originalità dello spunto, né uno svolgimento violento e spiazzante.
L’unica seria “difficoltà” sono i nomi giapponesi, che sono tanti e tutti simili, almeno per chi non ha familiarità con la cultura giapponese (tipo me per intenderci). Fortunatamente all’inizio c’è un elenco con gli studenti maschili e femminili, perché il semplice passo di stabilire il genere di una persona è ai limiti dell’impossibile (nomi del tipo Keita, Yoshio, Yukie, Yuka, Shinji, Yutaka per me sono assolutamente unisex. La lista mi ha salvato).
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