La Famiglia di Ed Sanders

La storia degli omicidi di Charles Manson e dei suoi seguaci è tristemente celebre, anche se forse non tutti conoscono i dettagli e i retroscena che accompagnarono gli spostamenti della Famiglia e i loro brutali omicidi. Il saggio si propone di fare una panoramica del mondo di Charles Manson, dal primo nucleo della Famiglia, a casa di Mary Brunner, fino alle stragi e agli eventi successivi . Il gruppo di Charles Manson, noto come la Famiglia, nacque come una delle numerosi comuni nel tempo hippie, si trasformò in una sorta di setta assassina, a quanto pare fissata con canzoni dei Beatles in cui i membri avevano scorto segni dell’Apocalisse. Tra droghe, amori liberi e armi, la Famiglia si macchia della prima strage a casa del regista Roman Polansky ad agosto del 1969. In casa erano presenti cinque persone, tra cui Sharon Tate, moglie del regista e incinta. Vennero uccise tutte. La sera successiva un fatto simile avvenne nella casa dei coniugi La Bianca: entrambi furono uccisi barbaramente. Il processo per le stragi porta alla luce la Famiglia di Manson, e i principali autori: oltre a Manson anche Tex Watson, Susan Atkins, Leslie Von Houten, Patricia Krenkiwel e Linda Kasabian sono i principali protagonisti. Quest’ultima diventerò il principale teste dell’accusa e sarà la sua testimonianza a portare alle condanne di morte per i membri. Nonostante la Famiglia di fatto non avesse un numero fisso di persone, dal momento che moltissimi giovani e soprattutto molte ragazzine scappate di casa raggiungevano il Ranch dove si era stabilita la Famiglia, moltissimi membri della Famiglia mostrarono il loro supporto per Manson al di fuori del tribunale. Il caso fece scalpore sia negli USA che all’estero.

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Questo libro è la riedizione di un saggio del 1977, uscito nel 2002 in America, e pubblicato solo nel 2018 in Italia. Innanzitutto una critica editoriale: la copertina è molto carina, ma le tre ragazze cosa c’entrano? Sono tre a caso?

La lunghezza è una grande pecca del saggio: 662 pagine. Che può anche starci, ci sono altri libri ben più lunghi che si leggono senza problemi. La prolissità è un forte deterrente alla lettura. Bisogna leggere più di 200 pagine per arrivare al momento degli omicidi. Ora, io non è che sia assetata di sangue e necessito morti da pagina 1, però se il tuo libro si concentra sulla figura di Charles Manson, di cosa vuoi parlare? Di margherite e campi di grano? Delle merendine che rubava da piccolo? E quindi dopo 200 luuuunghissime pagine, ecco entrare nel vivo della vicenda e della storia. E, paradossalmente, è proprio in questa sezione che i particolari si fanno più confusi e la storia inizia a tralasciare dettagli. Per esempio, Autore, hai impiegato capitoli interi a descrivermi gli spostamenti della Famiglia a bordo di furgoni e mezzi di fortuna qua e là per gli USA, citando posti a me completamente sconosciuti (ah, amici editori: la prossima volta per pietà allegate una cartina, perché quando vengono citati Death Valley, Simi Valley, l’Haight e altri luoghi degli Stati Uniti non è proprio come citare Roma, Parioli e zona del Testaccio. Sono posti che per me – a parte avere nomi strani – non dicono niente. Potrebbero essere ovunque, potrebbe anche essere luoghi immaginari tipo Narnia), inserendo personaggi che entrano ed escono dalla Famiglia, mi parli di alcuni sex tapes che sarebbero stati rubati a casa Polansky al momento degli omicidi e poi tralasci così di dirmi altro? Potresti invece spiegarmi perché molti pensavano/sostenevano che esistessero filmini porno di celebrità a casa di un regista e di sua moglie? No, perché non è mica così regolare avere materiale hard a casa propria che coinvolge personaggi famosi di Hollywood. Poi si cita in un paio di punti che Manson ebbe una relazione con la figlia di una diva del cinema, ma non se ne fa il nome. E no, bello mio, io voglio sapere chi. Se no non scrivi neanche questa curiosità.

Una cosa che non sapevo assolutamente era la stretta connessione di Manson con alcune celebrità e in generale con l’ambiente hollywoodiano: un produttore gli fece persino incidere delle canzoni, e una delle sue canzoni fu riadattata e arrangiata dai Beach Boys. Più ci si inoltra nella storia di Manson, più si scoprono legami con la Holywood dell’epoca, con celebrità di maggior o minor caratura che però bazzicavano nel cinema. Il che mi fa pensare: se Manson fosse diventato un musicista come avrebbe voluto, se fosse riuscito a sfondare nell’industria, forse nessuno sarebbe morto?

L’aspetto più strano della Famiglia è il concetto che tutte le donne, in un punto o nell’altro, l’hanno data a Manson. Che, dalle foto, non è proprio Brad Pitt. Però tutti dicono che di persona aveva fascino e carisma (certo probabilmente avendolo conosciuto prima della svastica sulla fronte, uno poteva farsi anche un’idea scevra da pregiudizi).

La cosa che mi stupisce è che queste donne – anzi ragazze, molte tra l’altro minorenni ̶ hanno anche avuto figli, e all’epoca del processo erano o erano state incinte. E non tutte di Manson, nonostante il suo seme sia stato sparso ai quattro(mila) venti. per gran parte del libro ho continuato a chiedermi: cosa sarà stato di questi bambini? Cosa è accaduto di loro? Sono stati adottati, sanno del loro passato, quanto ricordano?

Le condanne furono in alcuni casi sproporzionate rispetto ai crimini commessi: per esempio, le tre ragazze accusate di aver preso parte alla strage furono condannate alla pena di morte, poi commutata in ergastolo, anche se alcune non avevano effettivamente ucciso nessuno. Per esempio Leslie Van Houten, anche se le versioni della strage non sono mai state perfettamente collimanti tra loro, pugnalò Rosemarie LaBianca quando la donna ormai era morta. Il killer principale di tutti gli omicidi attribuiti alla Famiglia fu Tex Watson (che ora è diventato sacerdote, ah le vie infinite del Signore). Persino Manson, anche se accusato di essere la mente dietro a tutte le stragi, si macchiò di “soli” due omicidi. Cioè lui ammazzò due persone di persona. Non fraintendetemi, resta comunque un killer e merita la prigione. Dal saggio sinceramente risultano confuse le vicende che portarono alle stragi di casa Polansky: Manson disse ai suoi di andare e fare casino, e quindi i seguaci uccisero tutti? Perché? Poi tutti – o quasi – accusarono Manson di averli plagiati, ma se questo è comprensibile per una ragazza da poco maggiorenne, non lo è altrettanto per un uomo di 24 anni come Tex Watson. Oddio, poi tutti possono essere plagiati, ma mi sfugge perché Tex Watson doveva uccidere delle persone.

La Kasabian, principale teste dell’accusa, di fatto si parò le chiappe alla grande con la sua versione, perché fu l’unica che, nonostante avesse partecipato ad entrambe le scene del crimine – senza aver ucciso nessuno –   non abbia scontato alcuna condanna penale. Non ha fatto neanche un giorno di galera. Si è parlato di pentimento, e non ne dubito, però sta di fatto che quando le altre 3 ragazze – ormai donne – si sono pentite, sono rimaste comunque in carcere, dove stanno scontando condanne di 40 anni e oltre (Susan Atkins è morta di cancro nel frattempo. Aveva chiesto la libertà anche per questioni di salute e le è stata negata per la 18° volta). Dal saggio mi è ritornata l’idea di un processo farsa, in cui i giovani erano già stati condannati a priori e che, anzi, furono usati come capro espiatorio contro il movimento hippie e quello pacifista, specie in un momento di crisi durante la guerra in Vietnam. Non è espresso dall’autore, ma leggendo tra le righe mi sono fatta quest’idea. Poi rimangono una marea di dettagli poco chiari, uno su tutti: perché proprio la casa Polansky e la casa dei LaBianca? A caso, è la risposta. Bah. Faccio un tantinello fatica a crederci. Cioè, a caso, Manson o altri scelgono una casa per uccidere due persone? Ma che senso ha? E mi si risponde: erano strafatti d’acido. E, saranno pure stati strafatti d’acido però erano stati abbastanza svegli da portarsi il cambio, abbastanza svegli da gettare l’arma degli omicidi, abbastanza svegli da scappare.

Fu un processo spettacolare, in cui le ragazze si autocondannarono, seguendo Manson quando questi si incise una croce sulla fronte e rasandosi i capelli come lui. Generò uno scandalo immenso, che ancora non si è attutito. Quentin Tarantino ha girato un film sul periodo, con Margot Robbie nei panni di Sharon Tate (Once upon a time in Hollywood).

Ritornando al saggio: ribadisco, la lunghezza mi pare eccessiva, soprattutto quando vengono citate persone che magari hanno minime relazioni con la Famiglia e che confondono ancora di più un lettore non anglofono con nomi che si accavallano incessantemente. Anche i vari spostamenti della Famiglia sono forse troppo particolareggiati, specie per chi non ha familiarità con la geografia statunitense. La parte che , paradossalmente, mi è sembrata piena di buchi, di domande senza risposta è proprio quella dell’uccisione e dei processi che seguirono le stragi (sicuramente anche perché molti punti rimasero oscuri durante lo stesso svolgimento del processo). Resta comunque un volume interessante, che riesce nel proposito di ampliare la conoscenza sulla Famiglia e sulla situazione sociale dell’epoca.

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