Dalla parte di Bailey – una storia per umani di W. Bruce Cameron

DSCN3321.JPGBailey è un cane speciale, perché non muore mai. La prima volta che lo incontriamo si chiama Toby, è un cucciolo nato in libertà che vive i suoi primi giorni insieme alla madre e ai fratellini. Finché un giorno viene preso e portato in un Cortile insieme a moltissimi altri cani. La sua vita da cucciolo durerà poco, e quando muore, rinasce come Golden Retriever. E qui viene comprato dalla famiglia Montgomery, e fa amicizia con Ethan, il bambino di casa: un’amicizia che sarà la più importante e la più forte nelle vite di Bailey. Ethan chiama così il cagnolino, e ne farà il suo compagno: lo vedrà crescere, dalle elementari fino agli anni dell’università, con le prime cotte e le amicizie, fino a quando, di nuovo morirà. E nella sua nuova vita diventa un cane poliziotto, ma ci sarà sempre Bailey fra i suoi pensieri…fino a che riuscirà a ritrovarlo.

Il libricino è carino, spensierato, ironico (perché il punto di vista attraverso cui è raccontata la storia è quello di Bailey!), ideale per una lettura disimpegnata. Non bisogna essere particolari amanti dei cani: io per esempio non ne ho mai avuto uno, e non sono neanche una fan dei romanzi con protagonisti i cani o altri animali (escludendo La fattoria degli animali di Orwell, eheheheh) e li trovo spesso sdolcinati e mielosi oltre ogni possibile sopportazione. Però questo libro non cade nello stucchevole (grazie al cielo!), e nella maggior parte del racconto c’è un velo di ironia per l’importanza che attribuisce Bailey alle varie faccende degli umani che lo circondano. E ci sono alcuni punti veramente commoventi, uno di questi è sicuramente il finale!

Una volta tornato a casa con Papà, Ethan mi chiamò in garage e mi mostrò una grande scatola di legno. Si infilò dentro e io lo seguii, anche se faceva un gran caldo e ci stavamo stretti stretti. «Cuccia, Bailey. Questa è la tua cuccia». Non capivo cosa c’entrasse quella scatola con me, ma quando spuntarono i biscotti per cani fui ben felice di giocare a «cuccia».

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