Fumetti dell’autunno 2023: procrastinazione + 6 mesi

Siccome l’articolo avrebbe dovuto uscire in autunno, avrei voluto fare l’influencer e mettere i fumetti su un manto di foglie gialle e rosse, ma in realtà al momento in cui ho iniziato l’articolo sembrava di stare ancora in estate, mentre adesso che lo sto finendo c’è la neve, quindi addio foliage.

Per compensare, ho inserito qualche castagna per dare un tocco autunnale alla foto.

Avrei anche voluto pubblicare l’articolo nella stagione giusta, ma pure qui l’ottimismo ha avuto la peggio in uno scontro con la mia rinomata procrastinazione: e quindi le castagne ve le beccate ad aprile.

Almeno nei fumetti riesco a variare un po’ le CE, perché ultimamente mi sono accorta di pubblicare sempre le solite case editrici e vorrei un attimino ampliare questo piccolo orticello.

Nel cuore della memoria di Thibaut Lambert (ComicOut 2019)

Qui mi tocca fare come i giudici di X factor e dire “Per me è NO”.

La storia segue Georges, un anziano che si ammala di Alzheimer e deve essere ricoverato in una RSA. Ad accompagnarlo, e sentirne la dolorosa perdita, il compagno Eric.

Il personale ospedaliero consiglia ad Eric di nascondere, almeno per il momento, la realtà della relazione Georges: i più li credono padre e figlio.

Tra i pregi c’è, sicuramente, quello di trattare un tema direi “nuovo”, cioè come affrontare la vecchiaia e l’arrivo di una malattia invalidante in una coppia gay; nella struttura dove viene ricoverato Georges, per esempio, è il personale stesso a sconsigliare a Eric di rendere nota la relazione, causandogli profondo dolore.

La storia toccante, ma ammetto che i disegni e la palette di colori hanno reso poco ammaliante la lettura.

Peccato.

Passo a Le Jardin, Paris di Gaelle Geniller (Astra 2022)

Si tratta di uno dei pochissimi fumetti che non contiene mezza riga di omotransfobia.

Solo per questo c’è tanta stima.

La storia non mi ha convinto: Rose è un ragazzo di 18 anni cresciuto in un cabaret parigino. Non vede l’ora di fare il suo debutto come danzatrice, ed esibirsi insieme alle altre ragazze del locale.

E quindi si trucca e veste come loro.

Incontra Aimè, un giovanotto affascinante, con cui intreccia una forte amicizia.

Trama dimenticabile ma, ribadisco, non c’è una singola riga di derisione per il fatto che Rose indossi abiti femminili. Non una. E questo è raro come trovare un treno vuoto alle 18 nei giorni feriali.

La mia ciclotimia ha la coda rossa di Lou Loubie (ComicOut 2017)

Di questa autrice ho già recensito ben 2 graphic novel (qui e qui). Questo è il suo primo lavoro, un racconto autobiografico in cui Loubie racconta la scoperta della ciclotimia, una delle malattie dello spettro del bipolarismo.

Io non conoscevo questa malattia, che ha esiti meno evidenti del Bipolarismo di tipo 1 e 2, ma comunque causa serie difficoltà a mantenere una vita stabile, se non viene curata, provocando forti sbalzi d’umore e periodi depressivi importanti.

Come altri fumetti dell’autrice, mi è piaciuto ed è consigliatissimo.

Pene d’amore di Cookie Kalkair di Cookie Kalkair (Sonda 2022)

Titolo TOP per raccontare un gruppo di amici – maschi – che parlando di alcune tematiche, mettendosi a nudo.

È molto bello, perchè raramente gli uomini possono discorrere in maniera naturale, scherzosa ma non irrispettosa, di questioni intime.

Consigliato.

[Sebbene sembri un tema scabroso, sì, confermo che il graphic non è adatto ai bambini piccoli, ma va bene per gli adolescenti].

Nelle pagine interne della copertina, ecco i vari personaggi del libro, che, appunto, non sono solo personaggi ma vere e proprie perone, tra cui l’autore stesso, con specificato lo stato (single, in coppia…) e l’orientamento.

Turchina di Elena Triolo (Bao 2023)

L’idea è originale: indagare sulla vita della persona che ispirò a Collodi la figura della fata Turchina in Pinocchio. La resa della storia, per me, è noiosa. E stiamo parlando di un graphic novel breve, mica 1000 pagine. Ecco, io mi sono annoiata. Secondo me il mezzo del fumetto non era idoneo per raccontare questa vicenda: avrei preferito un saggio breve, oppure un romanzo, guardate cosa arrivo a dire.

Non so, il graphic è sprecato e non c’è azione: le scene sono statiche e, se devo essere spietatamente onesta, non c’è abbastanza ciccia per tirarne fuori un fumetto di 176 pagine.

Per questo, almeno secondo me, sarebbe stato più azzeccato un saggio: perchè, sebbene la storia sia breve, si sarebbe potuto analizzare il contesto storico e culturale, la vita di Collodi, la morte di questa beneamata sorella – Marianna – che nel fumetto è solo accennata.

Chiaramente, prendete con le pinze tutto ciò che scrivo, perchè su Goodreads è piaciuta a TUTTO L’UNIVERSO, pure alla scatola dei biscotti che stava sullo sfondo.

Nota di merito: la copertina splendida.

Sarà l’inverno, sarà l’acidità, sarà quel che sarà.

Scusate, ma ho dovuto sottolineare un dialogo TOP del graphic: Giovanna, ancora bambina, chiede ad una signora “E tu chi sei?” Risposta: “Una vecchia”. Lo scambio è talmente inaspettato che questa cosa mi ha fatto scoppiare a ridere talmente tanto che mi è uscita l’acqua dalle narici.

Comunque, ho trovato un articolo splendido sulla figura di Giovanna Ragionieri, la Fata Turchina “reale”, qui:https://www.smithsonianmag.com/arts-culture/who-was-pinocchios-mysterious-blue-haired-fairy-180980133/

[Tra l’altro l’articolo è corredato di foto spettacolari della tenuta dei Collodi, che funge da sfondo a parte della storia].

Concludo la carrellata di disagi con un’altra lettura sconfortante, cioè Rebis di Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo (Bao 2023).

Anche qui mezza delusion: non avevo manco capito la trama, so che tutte le recensioni accennavano a qualcosa di queer, sapete che io c’ho il fetish per le robe queer, da qui la voglia morbosa di leggere il fumetto.

È evidente che sono rompiballe e noiosa, perchè manco questa storia mi è piaciuta. E siccome anche questa è piaciuta all’universo, è chiaro che sono io. Non ho problemi ad ammetterlo, è un periodo che se mi guardo troppo a lungo allo specchio finisco per prendermi a schiaffi da sola, e questo si riflette sulle mie percezioni di lettura.

Tant’è che sto rileggendo molta roba, per rasserenarmi lo spirito: per dire, mi sono riletta Hunger games. Roba che non pensavo avrei mai più preso in mano (comunque, è invecchiata benissimo. Non credevo).

Rebis segue la storia di Martino, un bambino albino che viene tacciato di portar sfiga e dunque abbandonato nella foresta. Lì incontra una ‘strega’, ma, a differenza di Hansel e Gretel, questa non lo vuole mangiare (anche perchè Marti è uno scricciolo). E niente, dopo un po’ Marti cresce e decide di farsi chiamare Rebis.

La storia, spogliata di tutto il contesto, è questa.

Rebis, affettuosamente soprannominato l’Ameba, si trascina da una parte all’altra senza fare granché. Viviana, la donna che lo accoglie, potrebbe essere figa, ma risulta vagamente stereotipata (la ‘strega buona’).

Non chiedetemi come o perchè, ma il nome Rebis mi faceva pensare a qualche malattia mortale. Dopo parecchio ci sono arrivata: in inglese, rabbia (non quella che ti fa desiderare di spaccare il mondo, ma quella che trasmettono le bestie morsicanti e infette) si dice rabis. E niente, il mio neurone funziona così. A cazzo di cane.

[Su Wikipedia è spiegato nel dettaglio come Rebis sia, in alchimia, l’unione degli opposti, immagino per simboleggiare la sua queerness].

Tra l’altro, per completare il quadro di disagio, Rebis alleva larve di coleottero. Coleottero che poi cresce. E diventa una bestia immonda disegnata praticamente in ogni pagina, da cui io sono terrorizzata. Pure se è disegnato. Pure se è in 2D.

Sono disagiata, lo so, ci sono specialisti che potrebbero scrivere intere enciclopedie su di me.

Nonostante tutto di Jordi Lafebre (Bao 2021) è un albo con delle illustrazioni bellissime e che racconta una storia “al contrario”, cioè partendo dalla fine e andando a ritroso nel tempo. Incontriamo Zeno e Ana nel capitolo 20, quando sono due pensionati che si conoscono da una vita intera, e poi scopriamo man mano il dipanarsi della loro storia negli anni.

La trama è forse la parte più debole, sia perchè non particolarmente originale, sia perchè – arrivando in fondo al graphic – ci si aspetta di scoprire un’origine del Grande Amore tra Ana e Zeno fondato su basi più solide.

Comunque, a dispetto della mia robbosità, è consigliatissimo, perchè i disegni sono davvero davvero belli.

Ducks. Due anni nelle sabbie bituminose di Kate Beaton (Bao 2023)

Vado completamente controcorrente e ammetto che non mi ha convinto. Innanzitutto è luuungo (e secondo me, inutilmente lungo), pagine e pagine incentrate sul sessismo a cui è stata sottoposta nei due anni in cui ha lavorato come operaia negli impianti petroliferi nella regione dell’Alberta, in Canada.

Il sessismo e la misoginia che deve subire la scrittrice sono integrati nel tessuto sociale della realtà dei campi, dei luoghi lontani dal mondo, dei luoghi dove vive, delle bolle isolate con regole proprie.

Sessismo a cui, sfortunatamente, ogni singola donna italiana vive ogni singolo giorno della sua vita. Se non è sul lavoro, è sui mezzi. Se non è sui mezzi, è al mercato. Se non è al mercato, è in palestra.

Sarà che, di nuovo, purtroppo, la società italiana è anni luce indietro, sarà che io stessa – pur senza stare nelle sabbie bituminose in culo al mondo ho vissuto e subito sessismo a pacchi, sarà tutto quello che volete, ma sono rimasta poco coinvolta dalla storia.

Solo due punti mi hanno davvero scossa: il primo, quando la scrittrice viene violentata e non dice nulla perché ha paura della reazione degli altri uomini presenti alla festa: non è l’uomo nella stanza con lei il problema, ma quelli fuori.

Il secondo è quel finale, in cui le donne che hanno lavorato nelle sabbie bituminose sono talmente cambiate che sembrano aver subito un cambiamento quasi genetico, nel DNA, e non si rendono conto o sminuiscono i commenti sessisti rivolti loro da un ex collega.

Noi siamo come quelle donne, noi siamo talmente assuefatte dal clima sessista che ci circonda, da non riconoscerlo come tale, da considerarlo del tutto normale.

Forse meritava qualche considerazione in più il classismo che traspare. L’autrice sceglie, volontariamente, di andare a fare quel lavoro. Non è obbligata, non è senza opzioni, non proviene da una famiglia che non ha mezzi e possibilità. Lei va là per ripagarsi in fretta il debito studentesco, cosa che fa nel giro di due anni. Lei, a differenza di molti, non è costretta. Mentre emergono (purtroppo rimanendo sempre sullo sfondo), le storie di chi quella scelta non ce l’ha. Di chi è costretto a lavorare in un posto sperduto, con orari orrendi e senza soddisfazioni. Persone con un tasso di scolarizzazione bassissimo, quasi analfabeti.

Di nuovo, pure l’analfabetismo è un dramma dirompente nel nostro paese. E non dico che la scuola ti porta chissà dove, ma per trovare lavoro, adesso come adesso, pure per fare il tiratore di piccioni chiedono il diploma.

Comunque, si potrebbe parlare per anni, ma la verità è che la storia per me è troppo lunga e ripetitiva; credo sia una scelta parzialmente voluta, per mostrare come tutte le giornate nelle sabbie fossero identiche.

Per me è un ni, anche perché l’hype era ALTISSIMO e quando ci sono aspettative esagerate è un attimo restare delusi.


Perdonate l’aridità delle mie recensioni in questo post, giuro che un domani sarò meno ‘ragazza acidella’, come cantavano i Flaminio Maphia (vi prego, chi si ricorda del loro tormentone del 2003???).

N.B. Ho iniziato l’articolo dicendo che avrei variato un po’ CE e poi finisco per parlare di volumi pubblicati quasi esclusivamente dalla Bao. Quando ai colloqui mi chiedono di elencare i miei pregi, inizio sempre l’elenco dalla coerenza.

In tutto questo, io ho ancora due articoli pieni di graphic di cui parlare, quindi probabilmente – e ribadisco probabilmente – pubblicherò il prossimo entro l’estate (non specifico di quale anno, così mi salvo).

N.B. Ho iniziato l’articolo dicendo che avrei variato un po’ CE e poi finisco per parlare di volumi pubblicati quasi esclusivamente dalla Bao. Quando ai colloqui mi chiedono di elencare i miei pregi, inizio sempre l’elenco dalla coerenza.

Buona giornata!

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