Beautiful boy di David Sheff

dscn3332David Sheff racconta la travagliata esperienza di un genitore alle prese con la tossicodipendenza del figlio, un fatto che trasforma completamente la sua vita e quella della sua famiglia. Ed è un padre che si chiede costantemente dove ha sbagliato, e quanta colpa ha nella tossicodipendenza del figlio, Nic, un ragazzo sveglio e brillante, che sembrava avere tutto, prima che la droga lo divorasse.

Avevo già letto il romanzo qualche anno fa, e ora che ho il blog ho deciso di rileggerlo per poterlo recensire, perché è un libro veramente onesto, e merita di essere letto e conosciuto. David Sheff è un giornalista, e lo spunto del romanzo è un articolo che pubblicò sul New York Times Magazine sulla dipendenza del figlio. L’aspetto più interessante è che Sheff non cerca di parlare per il figlio, non cerca di raccontarci la dipendenza dagli occhi di Nic, ma ci espone la sua esperienza a contatto con la dipendenza del figlio. E lo fa raccontandoci le ore di ansia e preoccupazione quando il figlio non ritorna, la paura di essere in qualche modo responsabile per la tossicodipendenza del figlio, la solitudine di tale situazione, il disagio e la disgregazione famigliare che porta con sé un figlio tossicodipendente. Per la prima volta conosciamo la tossicodipendenza dagli occhi di un genitore, che ama il figlio e non riesce a smettere di perdonarlo, giustificarlo, preoccuparsi per lui, cercarlo dopo l’ennesima scomparsa. E Sheff si pone sempre una domanda, che ritorna come un mantra per tutto il libro: Ho fatto qualcosa di sbagliato? E’ un’autoaccusa feroce, senza scampo, costante ricordo di ogni decisione presa, ogni scelta fatta: quanto di quello che ha fatto o non fatto ha portato il figlio Nic nel vortice della dipendenza? E quanto può seguire il consiglio degli psicologi di non preoccuparsi troppo, perché non può fare nulla per Nic? Il libro che ne risulta è onesto e duro, un vero e proprio testamento di amore paterno.

L’aspetto che rende il libro particolare nel suo genere è che la tossicodipendenza è qui vista come un dramma familiare: infatti la persona che si droga, nella sua spirale di solitudine e nella caduta fino ai gradini più bassi della morale e della società, trascina tutta la famiglia con lui, involontari testimoni e partecipi della discesa nell’inferno della tossicodipendenza. E i genitori sono i primi ad esserne affetti, inchiodati tra l’amore genitoriale e la certezza che il proprio figlio non c’è più, sostituito da un succube della droga. Ed è una decisione difficile da prendere, quella di allontanarsi, di lasciare libera una persona ammalata, che si sta uccidendo e non può fermarsi. Eppure è la scelta che questi genitori devono compiere, l’unico vero insegnamento che ha tratto David Sheff dalla dipendenza del figlio: non puoi fare molto, la scelta è solo di tuo figlio. Ed è il raggiungimento di questa consapevolezza il vero traguardo di David.

Ero ansioso di aiutare Nic a fermare la sua caduta, di salvare mio figlio. E questo, insieme ai miei sensi di colpa e alle mie paure, mi consumava. Poiché sono un giornalista, non deve sorprendere che scrivessi per cercare di dare un senso a quello che accadeva a me e a Nic, e anche per trovare una soluzione, una cura. Cercavo ossessivamente informazioni su questa droga, la dipendenza, le terapie. Non sono il primo scrittore per il quale questo lavoro è diventato un’arma con cui combattere un terribile nemico, oltre che una purificazione, la ricerca di un bagliore di speranza nell’abisso, e uno straziante processo attraverso il quale la mente organizza e regola l’esperienza e l’emozione che la sommerge. In definitiva, i miei sforzi non potevano salvare Nic. E la scrittura non poteva guarirmi, anche se mi sosteneva.

E insieme alla paura per il figlio, per le sue condizioni, per la sua salute, c’è anche costante, continuo e ripetuto, il senso di frustrazione per ogni ricaduta nella droga, per ogni riabilitazione fallimentare. E poi la difficoltà ad accettare la tossicodipendenza come una malattia, difficilmente curabile, da cui lo stesso paziente non riesce ad allontanarsi. Assidue domande sul proprio ruolo, su quando è giusto arrendersi, abbandonare ogni speranza, per le troppe bugie ripetute, per i furti a danno di amici e familiari, per le ricadute frequenti. Quando è troppo tardi per un figlio, quando è lecito abbandonarlo alla sua strada?

E’ questo il destino di noi genitori? Ogni volta che incrocio un ragazzo solo e derelitto, sui marciapiedi di San Rafael, penso a lui. Dove sono i genitori di quei ragazzi? Che cosa fanno per salvarli? Sto diventando anche io come loro, un padre che ha accettato la sconfitta? La mia angoscia e le mie preoccupazioni non gli sono state di alcun aiuto. Non posso far altro che aspettare. Una spirale che si avvolge inesorabilmente su se stessa, precipitando sempre più in basso. E’ così che immagino la sua malattia degenerativa.

Per chi volesse saperne di più, David Sheff ha un sito personale in cui parla sia del libro, sia delle dipendenze. Il figlio Nic invece, ormai pulito da qualche anno, si è sposato ed è autore di alcuni articoli (li trovate sul sito : https://www.thefix.com/content/nic-sheff) e di un paio di libri che affrontano il tema della dipendenza, e le sue esperienze personali. Gli articoli sono interessanti perché sembra di leggere l’altro lato della storia, quella raccontata attraverso gli occhi di Nic, che completa il racconto del padre.

Il titolo del libro deriva dalla canzone omonima di John Lennon, dedicata al figlio; si può trovare su Youtube, ed è una ninna nanna per il bambino, una vera e propria dichiarazione d’amore paterno (e si capisce anche perché l’autore ha scelto questo titolo).

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2 Comments

  1. Salve, sto impazzendo per trovare questo libro a Roma ma pare sia impossibile (Bautiful boy di David Sheff)… voi potete aiutarmi?
    Grazie
    Francesco

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