A metà fra saggio storico e romanzo, Guez intreccia una trama semplice eppure verosimile sugli ultimi anni di vita di Josef Mengele, l’Angelo della Morte di Aushwitz. Temutissimo medico nazista, autore di esperimenti disumani, Mengele – come molti altri esponenti di spicco del nazismo – si rifugia in sud America, prima in Argentina, poi Brasile e Paraguay, dove scampa alle condanne dei decenni successivi, vivendo nell’anonimato per oltre 20 anni. Guez ci mostra Mengele come un uomo autoritario e insofferente alla vita sudamericana; senza rimorsi per ciò che ha fatto, ma con molti rimpianti per la famiglia che si è lasciato alle spalle, in particolare la moglie Irene. Ci descrive il suo viaggio di rinascita in un nuovo Paese, con un nuovo nome e nuove abitudini, dal matrimonio con la cognata fino agli ultimi disperati anni da contadino precocemente invecchiato, malato e solo. Un percorso guardato con un occhio asettico, che mantiene le distanze da Mengele, proponendolo nella sua figura di uomo, senza indugiare sugli orrori commessi, ma senza neanche dimenticarli. Guez ci presenta un uomo colpevole, ma lo fa senza condannare apertamente; ci presenta un uomo irascibile e fiero dell’ideologia nazista; un uomo che, a distanza di anni, ancora difende la razza ariana e le sue azioni.
In alcuni punti sembra quasi possibile dimenticare che è lui l’uomo che – fischiettando- divideva all’arrivo i deportati, condannandoli con un semplice cenno della testa alle camere a gas. Quando si descrivono i suoi ultimi anni con Elzsie, mezzo cieco e non più autosufficiente, un vecchio solo. Ma Guez subito raddrizza il tiro e ci ricorda le sue atrocità, come a non voler far mai pendere l’ago della bilancia da un lato. Il narratore è imparziale: non tifa per Mossad (i servizi segreti israeliani che catturarono Eichmann in Argentina, lo rapirono e lo portarono in Israele dove fu processato a Norimberga), né per Mengele.
Non condanna e non perdona. Racconta. Racconta fatti dimenticati, persone ormai sepolte nella storia. Mengele è uno dei tanti esempi di ufficiali nazisti che scamparono alla giustizia; molti furono fra quelli che non subirono condanne; molti saltarono sul carro del vincitore; molti mantennero importanti incarichi di governo nei momenti successivi alla guerra; molti furono “salvati” da Stati compiacenti. Troppi crimini di guerra furono prontamente dimenticati e insabbiati; riemersi solo molti anni dopo, quando ormai la giustizia non aveva compiuto il suo dovere né aveva reso memoria ai milioni massacrati dalla follia nazista. Guez ha un messaggio forte, limpido, così come aveva scritto anche Primo Levi: che la memoria non fallisca, che si ricordi.
Ogni due o tre generazioni, quando la memoria si affievolisce e gli ultimi testimoni dei massacri precedenti scompaiono, la ragione si eclissa e alcuni uomini tornano a propagare il male. Possano restare lontano da noi i sogni e le chimere della notte.
La scomparsa di Josef Mengele di Olivier Guez

finito da poco e mi è piaciuto molto per lo stile incisivo dell’autore.
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