Malata per forza di Julie Gregory

dscn3295Autobiografia dell’infanzia e dell’adolescenza dell’autrice, tra abusi piscologici e fisici, e costanti corse dai dottori per qualche forma di malattia sempre diversa e sempre impossibile da identificare. Solo da grande, frequentando un corso all’università, riuscirà a capire che le lunghe ore spese negli ospedali erano il frutto di un disturbo non suo, ma di sua madre, la Sindrome di Muchausen per Procura. Julie Gregory è la prima persona a raccontarci cosa significa esserne le vittime.

Il libro è interessante, anche perché tratta una patologia, quella di Munchausen per procura, poco nota e difficilmente riconoscibile, anche in ambito ospedaliero. Se la sindrome di Munchausen (dal nome del barone le cui avventure ingigantite e fantastiche sono state narrate da Rudolf Erich Rasp) è un disturbo in cui la persona si finge malata o affetta da problemi di varia natura per attirare l’attenzione su di sé, la sindrome di Munchausen per procura è ancora più complessa: per attirare l’attenzione su di sé, un genitore o un tutore provoca i sintomi della malattia sul figlio o sulla persona di cui si dovrebbe prendere cura. E’ un disturbo pericolosissimo perché praticamente impossibile da scoprire: infatti i danni che vengono recati al soggetto da parte del tutore possono essere vari, e normalmente il soggetto in questione non è in grado di comprendere o stabilire la colpevolezza. E un medico, di fronte alla varietà di sintomi, raramente pensa alla sindrome di Munchausen per procura (MSP = Munchausen Syndrome by Proxy). Nella maggioranza dei casi, è la madre la principale persona affetta da tale disturbo; ed è difficile per la mentalità occidentale contemporanea accettare l’idea che una madre arrechi danno al figlio per una qualsiasi ragione, quindi l’identificazione della malattia è rara. Gli incidenti però si susseguono e possono rivelarsi in alcuni casi addirittura mortali. La MPS solitamente è legata ad altri fattori di rischio: per esempio una persona che l’ha subita è più soggetta a replicarla a sua volta su un’latra persona; anche le situazioni di forte disagio o difficoltà durante la crescita comportano un fattore di rischio per l’insorgenza del disturbo. E nel libro questo aspetto è ben evidente! infatti Julie Gregory vive la sua infanzia e la sua adolescenza in un ambiente tutt’altro che stabile, con genitori che hanno diverse problematiche: il padre che torna dalla guerra del Vietnam con un avvelenamento da Agent Orange (defogliante utilizzato dalla truppe USA in Vietnam), è un alcolista abusivo e schizofrenico; la madre, abusata durante la sua infanzia, mostra segni di chiara instabilità. Inoltre anche il breve ritratto che la Gregory ci mostra della nonna Madge fa emergere un chiaro pattern di MSP (quando la nonna inscena degli incidenti, in cui a bordo lascia solo la nipote). Ed è provato che chi è stato vittima della MPS è più portato ad esserne a sua volta affetto. Date le descrizioni che ci vengono presentate di comportamenti disturbati della personalità di entrambi i genitori, di ambienti inadatti e di una chiara tendenza al disinteresse verso la cura dei figli (propri e adottivi, quando questi ultimi entreranno a far parte della famiglia) mi sento di dire che la MPS è solo uno dei mille problemi che la scrittrice ha dovuto affrontare. Sicuramente la madre ha sviluppato questa sindrome, altrettanto sicuramente è una donna psicologicamente instabile, assolutamente inadatta non solo a crescere i suoi figli, ma anche i ragazzi adottati. Infatti sono rimasta vagamente perplessa quando i genitori di Julie decidono di adottare (viene fuori che lo fano per i soldi che ricevono dall’assistenza) ma soprattutto dal fatto che qualcuno gli lasci in adozione dei ragazzi senza ulteriori domande o ricerche sulla stabilità sociale, economica e psicologica dei due adulti.

In tutto il libro scorre poi una vena molto evidente: cioè l’incondizionato amore di Julie per la madre. A dispetto di tutto quello che la donna le procura, Julie la adora. E non parlo solo dell’infanzia, quando è prerogativa abbastanza normale dei bambini amare e dipendere dalle proprie madri; parlo degli anni dell’adolescenza e dopo, quando comunque il legame resta saldo. Solo dopo la scoperta della MPS, e non del tutto, viene in parte leso questo sentimento.

P.s. Nel libro ci sono molti spunti su cosa un genitore (non dico bravo ma anche solo decente) NON dovrebbe fare in nessuna circostanza, e quelli di Julie di solito tendono a farli tutti (per esempio accusare i figli di cose che non hanno commesso per metterli uno contro l’altro, mentirgli, sfruttarli, essere fisicamente e psicologicamente abusivi nei loro confronti…la lista è lunghetta), ma c’è un passo a cui non riesco a non pensare. Ad un certo punto la madre di Julie, che ogni tanto dava del “frocio” al marito, per umiliarlo, chiede alla figlia se il padre l’ha mai toccata. E Julie dice di no, perché è la verità. E viene fuori che invece un’altra ragazzina in adozione non ha avuto la stessa fortunata sorte. Ora, la scrittrice impiega solo un paio di righe per una vicenda di abuso che mi sembrano decisamente pochine: qui c’è un uomo adulto che ha molestato una bambina (e dato che i ragazzi affidatari cambiano spesso nel corso della narrazione, è lecito porsi la domanda se sia stato un caso isolato oppure no). Questo per dire come il clima generale in cui la famiglia e gli ospiti temporanei vivevano, era un clima profondamente insalubre, specie per i più piccoli e indifesi, in cui emerge bene come una serie di abusi lasci una scia di derelitti e scempi dietro di sé.

Era di solito dopo che Mamma mi aveva infilato una pillolina bianca sotto la lingua, che le mie emicranie peggioravano.

«Sento che sta per arrivartene un’altra. Su, adesso apri la bocca e solleva la lingua. Braaaava.»

Certe volte ero lì lì per vomitare, ma per lo più avevo solo bisogno di mettermi a letto, mentre la pillola si scioglieva in una poltiglia gessosa sotto la mia lingua e il mal di testa peggiorava. Non so ancora dire se mi comprimesse la fronte o tutta la faccia, so solo che l testa mi andava a fuoco, provavo nausea fin sopra i capelli e mi sentivo dei forti strappi in gola, come se ci fosse un cane da guardai che strattonava la catena.

 

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