Le letture “Lasciate ogni speranza, voi che leggete” ovvero i libri NO! del 2020

Eccoci qui, a parlare (MALE) dei libri che non mi sono piaciuti, che mi hanno fatto proprio schifus e anche di quelli che mi hanno semplicemente delusa. Ammetto che in parte la delusione è colpa di aspettative che avevo prima dell’inizio del romanzo, basate su molteplici fattori: autore, altre recensioni entusiastiche, copertina o casa editrice che mi avevano conquistata… Eppure qualcosa è andato storto.

Siccome sono pignola e fastidiosa e, se sono in vena, saprei andare ad analizzare pure i difetti di Gandhi, se nella lista ci sono libri che voi avete amato non insultate ma commentate e argomentate! Non ho lo scettro della Saggezza e ogni recensione è soggettiva (so già che alcuni libri sono particolarmente amati). Anzi, farò di più, dividerò in due listone i titoli: in una inserirò i libri NO! Grandi abbagli, sbagli epocali, errori madornali. Cioè tutti quei libri che ho quasi rimpianto di aver letto. In un’altra, che uscirà tra qualche giorno, pubblicherò invece le delusioni: libri cioè, non intrinsecamente orrorifici ma che per un motivo o per l’altro mi hanno delusa assai.

Senza indugi inizierei subito col listone (anche qui mi preme sottolineare che non c’è un ordine di orribilitudine, dal più orribilerrimo al semplice orribilino, sono messi in ordine di lettura):

  • Il libro della vita e della morte di Deborah Harkness. NONONONONONO. Forse il peggiore in assoluto, un mattone di più di 700 pagine per raccontare la love story proibita tra una strega e un vampiro. Se vi ricorda qualcosa (Twiliiiiiiight), non è un caso: il romanzo ne è la BRUTTA copia. Atroce.
  • Under di Giulia Gubellini. Un distopico YA made in Italy, in cui l’idea originale poteva anche essere carina ma che si trasforma ben presto in un pastone di roba ammucchiata alla piripicchio: prima della fine fanno la loro comparsa anche dei poteri speciali.
  • Chiara Moscardelli. I libri letti quest’anno (Volevo essere una vedova, Extravergine e Teresa Papavero e lo scheletro nell’intercapedine) sono stati deludenti, a tratti anche offensivi della comunità trans con battute e uscite fuori luogo.
  • Lena e la tempesta di Alessia Gazzola. Per come tratta lo stupro. Lo so, l’autrice non aveva quest’intenzione, ma passa un messaggio a dir poco controverso.
  • Il principe e la sarta di Jen Wang.  Un principe ama gli abiti, i vestiti con ampie e variopinte gonne e trova una sarta che li crea su misura per lui. Esaltato da tutti come un capolavoro del fumetto, che innalzava il lato queer e tutta la comunità LGBTQ+, mi ha deluso. Lo stile del tratto, i colori, l’approssimazione dei disegni…stiamo parlando di una sarta che crea modelli bellissimi, come è possibile che sul foglio risultino scialbi e banalotti, senza alcuna cura per i dettagli? Sì, sono d’accordo che il messaggio sia bello. E se mi dicessero che questo fumetto ha sconvolto secoli di stereotipi rigidamente inculcati a colpi di pregiudizi e costrizioni sociali, sarei felicissima. Ma, diciamocelo, quelli che leggono questo graphic novel sono già dell’idea che ognuno si dovrebbe poter vestire come diavolo le/gli pare. Poi se qualche membro della community si è sentito meno solo, o anche solo rappresentato, dopo aver letto il fumetto, allora taccio per sempre. Mi aspettavo disegni come quelli degli stilisti, ricercati, raffinati, eleganti, lussuosi; me so’ ritrovata straccetti dai colori smunti e senza originalità. Peccato. [Ci tengo a ribadire un’ulteriore volta che la critica è rivolta alla semplificazione della storia e ai disegni, NON alla tematica trattata].
  • La famiglia prima di tutto! di Sophie Kinsella. Mi ricordo di questo e-book, è il primo che ho letto mentre ero ammalata. Fixie Farr e la sua storia mi sono rimaste sul gozzo da allora. Lei, la sua botteguccia artigianale, i fratelli fastidiosi e la sua inettitudine a riconoscere un uomo non dico decente, ma almeno non decerebrato.
  • Vita e opinioni del cane Maf e della sua amica Marylin Monroe di Andrew O’Hagan. Un lunghissimo libro che non dice nulla, ma lo fa con parolone e metafore altisonanti. E Marylin potrebbe essere sostituita da nonna Peppina e cambierebbe poco.
  • Il libro dei Baltimore di Joël Dicker. Il family soap drama raggiunge nuovi livelli in questa saga familiare noiosa oltre misura.
  • Omicidi in pausa pranzo di Viola Veloce. Perché sì, certamente tutte le donne single sopra i 30 nella loro vita aspirano solo ad accasarsi e accalappiare un marito.
  • Hunger games. Ballata dell’usignolo e del serpente di Suzanne Collins. Se si fanno le cose per soldi, almeno si devono fare bene. Sprazzi di sessismo e prevaricazione sparsi qua e là per il romanzo.
  • Non devi dirlo a nessuno di Karen Mcmanus: avete presente tutti gli stereotipi del thriller? E quelli di uno YA? Ecco, shakerateli benino e avrete questo romanzo.
  • The loop di Ben Oliver. L’autore voleva fare il duro, con questa distopia YA, ammassando in una prigione di massima sicurezza un gruppetto di ragazzetti che, a rigor di logica, dovrebbero essere cazzutissimi…e forse avrebbe potuto riuscire nel suo intento se, fin dalle prime pagine, non accennasse ai parties notturni a celle aperte (non è una metafora). E da lì in avanti è tutto un precipizio. Il nemico più pauroso sono i ratti. Passo e chiudo.
  • Falce e Dry di Neal Shusterman (in Dry ha collaborato anche Jarred, il figlio di Neal). Falce è ambientato nel futuro lontanissimo ma ancora tutti vanno ai supermercati a fare la spesa (sì, questo dettaglio m’ha fatto sclerare) e le Falci uccidono. Ma anche se tutte uccidono lo stesso numero di persone ci sono comunque Falci buone e Falci kattive. La differenza è che la Falci kattive commettono delle stragi, le Falci buone invece, da brave impiegate, commettono un omicido al giorno durante la settimana (non sono specificate le pause previste in occasione delle festività). In Dry invece l’idea della siccità improvvisa era sufficientemente realistica da risultare credibile…ma seguiamo 5 deficienti totali che purtroppo sopravvivono, anche quelli disidratati e avvolti dalle fiamme.
  • Good luck girls di Charlotte Nicole Davis. Carina l’idea del fantasy con ambientazione West. E questo è tutto quello di positivo che posso dire sul romanzo. Il progetto di creare un pink power group si è infranto ben presto, quando per tenere in vita le protagoniste è stato indispensabile l’intervento di un uomo.
  • Caraval di Stephanie Graber. Qui ho sbagliato io, lo ammetto; mi aspettavo un YA fantasy. Invece questo (e i due volumi seguenti che compongono la trilogia) devono essere affrontati con lo stesso spirito con cui si legge Cassandra Clare: ridendo. E infatti il secondo e il terzo, letti in questa prospettiva, mi hanno divertito un sacco.
  • Sicario. Come si diventa un killer di Andrea Galli. Noioso. Un saggio su uno spietato assassino, realmente esistito, ed è NOIOSO (però ci sono un sacco di aneddoti interessanti sull’Albania post seconda guerra mondiale).
  • Io sono Ava di Erin Stewart. In questo caso la colpa è in gran parte della casa editrice Garzanti, che ha cercato di fare il colpaccio assimilando la copertina a quella di Wonder…creando aspettative inutili che danneggiano irreparabilmente il romanzo. Perché, senza il paragone con il romanzo della Palacio, si tratterebbe di un mediocre YA; ma quando ci metti il paragone e vuoi presentarmi Ava come sfigurata orribilmente – che sta rielaborando un lutto, che alla fine diventerà la stella del teatro scolastico – beh, il paragone fallisce miseramente.
  • Può succedere anche a noi? di Becky Albertalli e Adam Silvera. Se l’amore gayo può essere stereotipato ai massimi livelli, qui lo è stato fatto. YA noiosino di cui ho apprezzato solo il finale. Ma la strada per arrivarci è stata una sofferenza.
  • Guida ai vizi e alle virtù per giovani gentiluomini di Mackenzi Lee. Ho disprezzato il protagonista fin dalle prime pagine, e purtroppo il sentimento non ha fatto che acuirsi col proseguire delle vicende, una più assurda dell’altra ma tutte accomunate dalla mancanza di prospettiva storica. Alla scena in cui Monty, ubriaco fradicio, si apparta in una stanza di VERSAILLES per copulare con una appena conosciuta sono volata via. E mi è venuto il fortissimo sospetto che Mackenzi avrà anche partecipato ad un sacco di house parties, ma la reggia francese non l’abbia mai visitata. Non so quale scena illumini meglio il savoir-faire del protagonista: quando pensa di pisciare in un cassetto per ripicca (sempre a Versailles), quando decide di rubare un manufatto trovato nella stanza adiacente alla sala da ballo (che si rivelerà ESSENZIALE e di valore inestimabile), oppure quando viene cacciato via senza vestiti dalla residenza reale, durante la festa? Difficile dirlo, ma sappiate che tutto questo accade nelle prime cento pagine. Dopo la tortura del primo libro non volevo manco aprire il secondo, ma, devo ammetterlo, Guida ai pizzi e alla pirateria per giovani gentildonne è moooooolto meglio (ed è sicuramente molto  più attento di altri prodotti simili a mostrare le limitazioni imposte alle donne nei secoli scorsi).
  • Carrie on. Una fan fiction di una fan fiction. Brutta però.  Ma, siccome c’è l’amore gayo, allora viene perdonato tutto (comunque il protagonista che scaccia il drago a suon di ritornelli della pubblicità di Kit Kat diventerà cult).

Siete arrivati fino alla fine della lista, o prodi? Era lunga? Ebbene sì, perché sono kattiva e spietata. Ma, ci tengo a ribadirlo, sono ovviamente opinioni personali. Per esempio, come mai ho inserito in questa lista Guida ai vizi e alle virtù per giovani gentiluomini, criticandone le incongruenze storiche, ma non la saga di Kerry Maniscalco, che pure è piena zeppa di strafalcioni storici? Soffro di doppia personalità? No, è il mio umile gusto personale. Non è che non li abbia notati, semplicemente nella saga della Maniscalco l’assurdità della storia, le vaste e inappropriate libertà prese con ricostruzione storica, usi e costumi mi hanno irritato di meno. Attenzione, attenzione: li ho notati, ma mi hanno dato meno fastidio. Perché? Non so neanche io, insindacabile gusto personale.

E, protesterà qualcuno, ma certo che non ti piacciono gli YA, sei vecchia! Certo, sono anziana dentro, ma se un romanzo è bello rimane bello anche quando non hai più 15 anni. E infatti non uno, ma ben 2 titoli YA sono nella lista dei preferiti!

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